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Mezzo secolo di 007
Lo stile nei dettagli

Sean Conner, il James Bond più amato, è stato 007 dal 1962 al 1971 e ha convinto tutti, anche l’inventore di James Bond, Ian Fleming, che lo riteneva troppo muscoloso e alto per la parte

Dal ’62 a oggi nei film dell’agente segreto è passato un mondo. Ora una mostra lo racconta, tra moda, design, costume e mito

Il Barbican Centre è un posto abbastanza speciale che si trova su Silk Street, dalle parti di St. Paul, Londra centro. Dentro ci fanno di tutto. Ma sostanzialmente arte. Teatro, danza, cinema, pittura, musica. Il meglio della creatività contemporanea.
Un ruolo importante lo consegnano al design. Dal prossimo 6 di luglio, e fino al 5 settembre, si occupano di un mito inglese: James Bond. Il suo «stile» – questa è la parola chiave – raccontato attraverso 50 anni di cinema. Nel 1962 esce «Dr. No», il primo della serie, il prossimo 26 ottobre tocca a «Skyfall», l’ultimo. Da Sean Connery a Daniel Craig, in mezzo ci è passato un mondo. Ed è quello che mettono in mostra al Barbican. La storica del fashion Bronwyn Cosgrave, che ha organizzato la cosa, dice che «nessuno ha mai tentato prima un’operazione del genere». Rivendica il suo piccolo pezzo di storia.

L’inizio. Il manifesto di «Dr. No» è un pugno nell’occhio con lo sfondo giallo. C’è Bond-Connery a mezzo busto, nella posizione classica da «un martini secco, agitato, non mescolato» – quella preferita da Ian Fleming – assieme a lui quattro donne da svenire. La prima è Ursula Andress. È lei che rapisce l’imaginario collettivo e certifica il successo di 007. In una scena in particolare, trasformata poi in fotografie tre metri per due. È in bikini, maschera, conchiglie, coltello, i capelli bagnati che scivolano dietro le orecchie. Un corpo ubriacante.

Bond è di fianco, con la maglietta a maniche corte e lo sguardo da duro piantato nel vuoto. La formula dell’immortalità. La spia invincibile che si batte per un mondo migliore, lo sfondo esotico, la bella combattiva e mozzafiato. Da lì in avanti è cambiata solo la sceneggiatura da costruirgli attorno. In ogni film 007 comincia con una donna e finisce con un’altra, ammazza molta gente – ha la licenza di uccidere – e usa un’infinità di gadget tecnologici. Ha eleganza, sangue freddo, intelligenza e conoscenze sconfinate, dal velenoso Roger Moore («Connery? Recita bene, peccato non si capisca quando parla») al manichino Pierce Brosnan.

Naturalmente non mancano le auto, su tutte la Aston Martin DB5. «I film di Bond sono stati successi straordinari dal punto di vista degli incassi, ma questo non diminuisce la qualità complessiva del prodotto, in cui il design ha giocato un ruolo centrale», spiega Cosgrave. Al Barbican mostrano il dettaglio. I vestiti di Armani, Tom Ford o Hubert de Givenchy, il jetpack pronto per la fuga e costume di Halle Berry e le scarpe di Rosa Klebb col coltello nascosto nel tacco.

Sceneggiature sessiste? Forse. «Se c’era una cosa che toccava l’animo di Bond era essere sorpassato a tutto gas da una bella ragazza», scrive Fleming in «007 al servizio di Sua Maestà». Un inno alla bellezza, alla velocità intesa come futuro e, appunto, allo stile.

Quando poi, sui titoli di coda, James e la sua dama si scoprivano improvvisamente stregati dal pozzo incandescente della luna, non si adeguavano banalmente alle voglie di un pubblico planetario desideroso solo di dire: ooohhhh?