A CURA DELLA REDAZIONE DI LEX24
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1.    Introduzione: le diverse forme di tutela dell’industrial design

L’industrial design rappresenta una delle leve trainanti dell’industria italiana, che da sempre eccelle in questo settore ed è infatti nota in tutto il mondo per la creatività e lo stile dei propri prodotti, dai gioielli alle auto, dall’arredamento agli abiti etc. Non a caso, i designer italiani hanno ottenuto negli anni prestigiosi riconoscimenti, e sono oggi considerati tra i più importanti maestri del design in tutto il mondo: si pensi a Enzo Mari, Giò Ponti, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass, per citare solo alcuni dei nomi “classici”.

In questo panorama, la tutela giuridica del design rappresenta un elemento di fondamentale importanza per la nostra economia, vista la necessità di remunerare le imprese che investono in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e fanno conoscere e apprezzare i nostri manufatti in tutto il mondo. Tale tutela assume sostanzialmente tre forme principali, cumulabili tra loro se sussistono i requisiti previsti da ciascuna di esse, sintetizzate di seguito.

In primo luogo, secondo la legge sul diritto d’autore (“LdA”, legge 633/41) i prodotti di design che abbiano “carattere creativo e valore artistico” sono tutelati dal momento della loro creazione – e quindi senza bisogno di alcuna registrazione – fino a 70 anni dopo la morte del loro autore. In presenza di tali requisiti, la LdA vieta in sostanza qualsiasi riproduzione e/o rielaborazione del prodotto di design che non sia autorizzata dal suo autore (ovvero dall’azienda a cui questi abbia ceduto o licenziato i diritti), e vieta la commercializzazione delle riproduzioni / rielaborazioni non autorizzate.

In secondo luogo, il codice della proprietà intellettuale (“CPI”, d. lgs. 30/2005) prevede che i prodotti di industrial design possano essere registrati come modelli/disegni se sono nuovi (ovvero non divulgati al pubblico prima della domanda di registrazione) ed hanno “carattere individuale”, ovvero suscitano nel c.d. “utilizzatore informato” una “impressione generale” diversa da quella suscitatagli dai disegni/modelli anteriori. Il livello di creatività necessario per accedere a questa forma di tutela è inferiore a quello richiesto perché il design possa godere della protezione di diritto d’autore, e concordemente la tutela così concessa è più limitata di quella autoristica: con la registrazione come disegno/modello, infatti, il titolare acquisisce per un massimo di 25 anni il diritto esclusivo di usare il design e di vietare a terzi di sfruttare il medesimo design e quelli che producano la medesima “impressione generale”: quindi, rispetto alla tutela autoristica, quella conferita dal disegno registrato è più breve e non si estende a qualunque rielaborazione ma solo a quelle che producano la medesima “impressione generale”. Va precisato peraltro che di tale tutela godono anche i design non registrati che abbiano i summenzionati requisiti di novità e carattere individuale, ma in tal caso la durata della protezione è circoscritta a 3 anni dalla divulgazione (art. 11 Regolamento CE 6/2002).

Infine, il codice civile all’art. 2598 co. 1 n. 1 protegge i prodotti di industrial design contro l’imitazione ad opera dei concorrenti, sanzionandone l’imitazione servile come atto di concorrenza sleale: ciò significa che l’azienda che produce e commercializza i prodotti di design potrà agire nei confronti del concorrente che imiti i propri prodotti per chiedere la cessazione della commercializzazione e il risarcimento del danno. Qualora il concorrente non si limiti a copiare un solo prodotto, ma ne copi diversi, potrà aversi anche la forma di concorrenza sleale c.d. “parassitaria” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 3, ovvero quella “per agganciamento” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 2.

In questo dossier ci occuperemo della prima forma di tutela sopra indicata, quella di diritto d’autore, che nel tempo si è dimostrata la più controversa e che perciò ha comportato innumerevoli modifiche normative. Di seguito riassumiamo quindi il complesso iter normativo che negli ultimi anni ha variamente modificato la disciplina della tutela di diritto d’autore dell’industrial design, sino ad arrivare alla (ancora contestatissima) previsione attualmente in vigore.


2.    La tutela autoristica dalla “scindibilità” alla “moratoria”

In origine, l’articolo 2 c. 1 n. 4 LdA accordava tutela alle opere del disegno industriale il cui valore artistico fosse “scindibile dal carattere industriale del prodotto” (c.d. requisito della “scindibilità”). Tale tutela durava fino a settant’anni post mortem autoris (p.m.a.).

La necessità per il design di possedere il requisito della scindibilità, di difficile definizione, nella applicazione giurisprudenziale portava tuttavia in pratica a negare tutela alla stragrande maggioranza dei prodotti di industrial design, poiché i Giudici difficilmente riconoscevano l’esistenza di tale requisito. In altre parole: in punto di diritto la tutela autoristica del design esisteva, ma poiché i tribunali negavano quasi sempre che un prodotto di design possedesse il requisito della scindibilità, nella pratica era come se non esistesse. Per tale ragione, in Italia si sviluppò un intero comparto di aziende che, forti di questa applicazione giurisprudenziale ad esse favorevole, si ritenevano legittimate a produrre copie dei prodotti di industrial design altrui.

Nel 1998 venne però emanata la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e modelli registrati, che all’art. 17 stabilì che essi, oltre alla tutela ottenuta con la registrazione, ”sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore … fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”; non veniva quindi più menzionato il requisito della scindibilità. Il Governo Italiano emanò perciò il d. lgs. 95/2001 attuativo della direttiva in questione, che entrò in vigore il 19 aprile 2001: esso modificò l’art. 2 LdA abolendo il requisito della scindibilità e introducendo un nuovo n. 10 all’art. 2 co. 1 LdA, secondo cui godono della tutela di diritto d’autore tutte “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” (art. 2 co. 1 n. 10 LdA). In questo modo, non vi era più alcun dubbio – né applicazione giurisprudenziale contraria che tenesse – sulla tutelabilità autoristica dell’industrial design fino a 70 anni p.m.a.

La nuova previsione andava però a danneggiare tutto quel comparto di aziende di cui dicevamo, che prima dell’entrata in vigore della nuova norma si ritenevano legittimate a produrre e commercializzare le copie (e che chiameremo “copiatori ante 2001”). In risposta alle pressioni di queste ultime in Parlamento, intervennero nel giro di poco tempo due modifiche che tornarono a limitare la tutela di diritto d’autore dell’industrial design, ad opera rispettivamente del d. lgs. 164/2001 e della legge 273/2002.

Il d. lgs. 164/2001 modificò il d. lgs. 95/2001 introducendovi all’art. 25-bis la c.d. “moratoria decennale” in favore dei “copiatori ante 2001”: in base a tale norma, infatti, la tutela autoristica del design (ormai sancita inequivocabilmente dall’art. 2 co. 1 n. 10 LdA) non operava, per un periodo di dieci anni dal 19 aprile 2001, nei confronti di chi, prima di tale data, aveva “intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio”. Ciò aveva il dichiarato fine dare ai “copiatori ante 2001” il tempo di convertire la produzione e smaltire le scorte, tutelando quelli che tali copiatori sostenevano essere dei loro “diritti quesiti”. L’applicazione giurisprudenziale della nuova norma si mostrò in linea con le attese dei copiatori, poiché l’espressione “erano oppure erano divenuti di pubblico dominio” venne interpretata come riferita a tutti i prodotti di design realizzati prima del 19 aprile 2001, senza che nemmeno si pensasse di verificare se, al tempo, essi godessero di tutela autoristica per presenza del requisito della scindibilità: essi dunque erano tutti liberamente copiabili, per dieci anni, da parte di coloro che avevano iniziato a copiarli prima dello stesso 19 aprile 2001.

L’anno seguente, poi, la legge 273/2002 all’art. 17 limitò la tutela di diritto d’autore dell’industrial design a 25 anni p.m.a., in deroga alla regola generale della durata di settant’anni p.m.a.


3.    La procedura d’infrazione della CE e la decisione della CGUE

Le normativa appena citata confluì successivamente nel CPI, al cui art. 44 venne riportata la norma che limitava la tutela a 25 anni p.m.a, ed al cui art. 239 venne invece riprodotta la famigerata “moratoria decennale”. Tali previsioni costituivano però violazione della direttiva 06/116/CE sulla durata del diritto d’autore – che stabilisce che esso debba durare fino a settant’anni p.m.a. –, e della direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli – che ne prevede la tutela di diritto d’autore senza moratorie –, ragion per cui l’Italia venne assoggettata ad una procedura d’infrazione (n. 4088 del 2005) avviata dalla Commissione Europea (CE); in particolare, la Commissione rilevò che “la direttiva 98/71/CE non contiene nessuna norma che possa consentire una moratoria della tutela d’autore per le opere di disegno industriale”.

Al fine di evitare la procedura di fronte alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (CGCE), l’Italia si impegnò quindi formalmente ad adeguare il proprio ordinamento interno a quello comunitario, ovvero a:
i)    riportare a settant’anni p.m.a. la durata della tutela autoristica concessa alle opere del disegno industriale; e
ii)    eliminare la moratoria decennale che ingiustamente “gravava” sull’industrial design a favore dei copiatori.

Nonostante la dichiarata intenzione di procedere a tali adeguamenti, tuttavia, il Governo italiano emanò una nuova norma che accoglieva l’esigenza sub i) ma andava in senso opposto a quella sub ii). E infatti, con l’art. 4 co. 4 lett. a) del d.l. 10/2007, poi convertito con legge 46/2007, elevò correttamente la tutela autoristica dell’industrial design a 70 anni p.m.a.; ma con la lett. b) della medesima norma ampliò la moratoria anziché eliminarla.  (…)

Continua a leggere l’articolo ne La (controversa) tutela autoristica dell’industrial design Dossier di LEX24 – Marzo 2012

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1.    Introduzione: le diverse forme di tutela dell’industrial design

L’industrial design rappresenta una delle leve trainanti dell’industria italiana, che da sempre eccelle in questo settore ed è infatti nota in tutto il mondo per la creatività e lo stile dei propri prodotti, dai gioielli alle auto, dall’arredamento agli abiti etc. Non a caso, i designer italiani hanno ottenuto negli anni prestigiosi riconoscimenti, e sono oggi considerati tra i più importanti maestri del design in tutto il mondo: si pensi a Enzo Mari, Giò Ponti, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass, per citare solo alcuni dei nomi “classici”.

In questo panorama, la tutela giuridica del design rappresenta un elemento di fondamentale importanza per la nostra economia, vista la necessità di remunerare le imprese che investono in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e fanno conoscere e apprezzare i nostri manufatti in tutto il mondo. Tale tutela assume sostanzialmente tre forme principali, cumulabili tra loro se sussistono i requisiti previsti da ciascuna di esse, sintetizzate di seguito.

In primo luogo, secondo la legge sul diritto d’autore (“LdA”, legge 633/41) i prodotti di design che abbiano “carattere creativo e valore artistico” sono tutelati dal momento della loro creazione – e quindi senza bisogno di alcuna registrazione – fino a 70 anni dopo la morte del loro autore. In presenza di tali requisiti, la LdA vieta in sostanza qualsiasi riproduzione e/o rielaborazione del prodotto di design che non sia autorizzata dal suo autore (ovvero dall’azienda a cui questi abbia ceduto o licenziato i diritti), e vieta la commercializzazione delle riproduzioni / rielaborazioni non autorizzate.

In secondo luogo, il codice della proprietà intellettuale (“CPI”, d. lgs. 30/2005) prevede che i prodotti di industrial design possano essere registrati come modelli/disegni se sono nuovi (ovvero non divulgati al pubblico prima della domanda di registrazione) ed hanno “carattere individuale”, ovvero suscitano nel c.d. “utilizzatore informato” una “impressione generale” diversa da quella suscitatagli dai disegni/modelli anteriori. Il livello di creatività necessario per accedere a questa forma di tutela è inferiore a quello richiesto perché il design possa godere della protezione di diritto d’autore, e concordemente la tutela così concessa è più limitata di quella autoristica: con la registrazione come disegno/modello, infatti, il titolare acquisisce per un massimo di 25 anni il diritto esclusivo di usare il design e di vietare a terzi di sfruttare il medesimo design e quelli che producano la medesima “impressione generale”: quindi, rispetto alla tutela autoristica, quella conferita dal disegno registrato è più breve e non si estende a qualunque rielaborazione ma solo a quelle che producano la medesima “impressione generale”. Va precisato peraltro che di tale tutela godono anche i design non registrati che abbiano i summenzionati requisiti di novità e carattere individuale, ma in tal caso la durata della protezione è circoscritta a 3 anni dalla divulgazione (art. 11 Regolamento CE 6/2002).

Infine, il codice civile all’art. 2598 co. 1 n. 1 protegge i prodotti di industrial design contro l’imitazione ad opera dei concorrenti, sanzionandone l’imitazione servile come atto di concorrenza sleale: ciò significa che l’azienda che produce e commercializza i prodotti di design potrà agire nei confronti del concorrente che imiti i propri prodotti per chiedere la cessazione della commercializzazione e il risarcimento del danno. Qualora il concorrente non si limiti a copiare un solo prodotto, ma ne copi diversi, potrà aversi anche la forma di concorrenza sleale c.d. “parassitaria” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 3, ovvero quella “per agganciamento” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 2.

In questo dossier ci occuperemo della prima forma di tutela sopra indicata, quella di diritto d’autore, che nel tempo si è dimostrata la più controversa e che perciò ha comportato innumerevoli modifiche normative. Di seguito riassumiamo quindi il complesso iter normativo che negli ultimi anni ha variamente modificato la disciplina della tutela di diritto d’autore dell’industrial design, sino ad arrivare alla (ancora contestatissima) previsione attualmente in vigore.


2.    La tutela autoristica dalla “scindibilità” alla “moratoria”

In origine, l’articolo 2 c. 1 n. 4 LdA accordava tutela alle opere del disegno industriale il cui valore artistico fosse “scindibile dal carattere industriale del prodotto” (c.d. requisito della “scindibilità”). Tale tutela durava fino a settant’anni post mortem autoris (p.m.a.).

La necessità per il design di possedere il requisito della scindibilità, di difficile definizione, nella applicazione giurisprudenziale portava tuttavia in pratica a negare tutela alla stragrande maggioranza dei prodotti di industrial design, poiché i Giudici difficilmente riconoscevano l’esistenza di tale requisito. In altre parole: in punto di diritto la tutela autoristica del design esisteva, ma poiché i tribunali negavano quasi sempre che un prodotto di design possedesse il requisito della scindibilità, nella pratica era come se non esistesse. Per tale ragione, in Italia si sviluppò un intero comparto di aziende che, forti di questa applicazione giurisprudenziale ad esse favorevole, si ritenevano legittimate a produrre copie dei prodotti di industrial design altrui.

Nel 1998 venne però emanata la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e modelli registrati, che all’art. 17 stabilì che essi, oltre alla tutela ottenuta con la registrazione, ”sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore … fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”; non veniva quindi più menzionato il requisito della scindibilità. Il Governo Italiano emanò perciò il d. lgs. 95/2001 attuativo della direttiva in questione, che entrò in vigore il 19 aprile 2001: esso modificò l’art. 2 LdA abolendo il requisito della scindibilità e introducendo un nuovo n. 10 all’art. 2 co. 1 LdA, secondo cui godono della tutela di diritto d’autore tutte “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” (art. 2 co. 1 n. 10 LdA). In questo modo, non vi era più alcun dubbio – né applicazione giurisprudenziale contraria che tenesse – sulla tutelabilità autoristica dell’industrial design fino a 70 anni p.m.a.

La nuova previsione andava però a danneggiare tutto quel comparto di aziende di cui dicevamo, che prima dell’entrata in vigore della nuova norma si ritenevano legittimate a produrre e commercializzare le copie (e che chiameremo “copiatori ante 2001”). In risposta alle pressioni di queste ultime in Parlamento, intervennero nel giro di poco tempo due modifiche che tornarono a limitare la tutela di diritto d’autore dell’industrial design, ad opera rispettivamente del d. lgs. 164/2001 e della legge 273/2002.

Il d. lgs. 164/2001 modificò il d. lgs. 95/2001 introducendovi all’art. 25-bis la c.d. “moratoria decennale” in favore dei “copiatori ante 2001”: in base a tale norma, infatti, la tutela autoristica del design (ormai sancita inequivocabilmente dall’art. 2 co. 1 n. 10 LdA) non operava, per un periodo di dieci anni dal 19 aprile 2001, nei confronti di chi, prima di tale data, aveva “intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio”. Ciò aveva il dichiarato fine dare ai “copiatori ante 2001” il tempo di convertire la produzione e smaltire le scorte, tutelando quelli che tali copiatori sostenevano essere dei loro “diritti quesiti”. L’applicazione giurisprudenziale della nuova norma si mostrò in linea con le attese dei copiatori, poiché l’espressione “erano oppure erano divenuti di pubblico dominio” venne interpretata come riferita a tutti i prodotti di design realizzati prima del 19 aprile 2001, senza che nemmeno si pensasse di verificare se, al tempo, essi godessero di tutela autoristica per presenza del requisito della scindibilità: essi dunque erano tutti liberamente copiabili, per dieci anni, da parte di coloro che avevano iniziato a copiarli prima dello stesso 19 aprile 2001.

L’anno seguente, poi, la legge 273/2002 all’art. 17 limitò la tutela di diritto d’autore dell’industrial design a 25 anni p.m.a., in deroga alla regola generale della durata di settant’anni p.m.a.


3.    La procedura d’infrazione della CE e la decisione della CGUE

Le normativa appena citata confluì successivamente nel CPI, al cui art. 44 venne riportata la norma che limitava la tutela a 25 anni p.m.a, ed al cui art. 239 venne invece riprodotta la famigerata “moratoria decennale”. Tali previsioni costituivano però violazione della direttiva 06/116/CE sulla durata del diritto d’autore – che stabilisce che esso debba durare fino a settant’anni p.m.a. –, e della direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli – che ne prevede la tutela di diritto d’autore senza moratorie –, ragion per cui l’Italia venne assoggettata ad una procedura d’infrazione (n. 4088 del 2005) avviata dalla Commissione Europea (CE); in particolare, la Commissione rilevò che “la direttiva 98/71/CE non contiene nessuna norma che possa consentire una moratoria della tutela d’autore per le opere di disegno industriale”.

Al fine di evitare la procedura di fronte alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (CGCE), l’Italia si impegnò quindi formalmente ad adeguare il proprio ordinamento interno a quello comunitario, ovvero a:
i)    riportare a settant’anni p.m.a. la durata della tutela autoristica concessa alle opere del disegno industriale; e
ii)    eliminare la moratoria decennale che ingiustamente “gravava” sull’industrial design a favore dei copiatori.

Nonostante la dichiarata intenzione di procedere a tali adeguamenti, tuttavia, il Governo italiano emanò una nuova norma che accoglieva l’esigenza sub i) ma andava in senso opposto a quella sub ii). E infatti, con l’art. 4 co. 4 lett. a) del d.l. 10/2007, poi convertito con legge 46/2007, elevò correttamente la tutela autoristica dell’industrial design a 70 anni p.m.a.; ma con la lett. b) della medesima norma ampliò la moratoria anziché eliminarla.  (…)

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1.    Introduzione: le diverse forme di tutela dell’industrial design

L’industrial design rappresenta una delle leve trainanti dell’industria italiana, che da sempre eccelle in questo settore ed è infatti nota in tutto il mondo per la creatività e lo stile dei propri prodotti, dai gioielli alle auto, dall’arredamento agli abiti etc. Non a caso, i designer italiani hanno ottenuto negli anni prestigiosi riconoscimenti, e sono oggi considerati tra i più importanti maestri del design in tutto il mondo: si pensi a Enzo Mari, Giò Ponti, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass, per citare solo alcuni dei nomi “classici”.

In questo panorama, la tutela giuridica del design rappresenta un elemento di fondamentale importanza per la nostra economia, vista la necessità di remunerare le imprese che investono in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e fanno conoscere e apprezzare i nostri manufatti in tutto il mondo. Tale tutela assume sostanzialmente tre forme principali, cumulabili tra loro se sussistono i requisiti previsti da ciascuna di esse, sintetizzate di seguito.

In primo luogo, secondo la legge sul diritto d’autore (“LdA”, legge 633/41) i prodotti di design che abbiano “carattere creativo e valore artistico” sono tutelati dal momento della loro creazione – e quindi senza bisogno di alcuna registrazione – fino a 70 anni dopo la morte del loro autore. In presenza di tali requisiti, la LdA vieta in sostanza qualsiasi riproduzione e/o rielaborazione del prodotto di design che non sia autorizzata dal suo autore (ovvero dall’azienda a cui questi abbia ceduto o licenziato i diritti), e vieta la commercializzazione delle riproduzioni / rielaborazioni non autorizzate.

In secondo luogo, il codice della proprietà intellettuale (“CPI”, d. lgs. 30/2005) prevede che i prodotti di industrial design possano essere registrati come modelli/disegni se sono nuovi (ovvero non divulgati al pubblico prima della domanda di registrazione) ed hanno “carattere individuale”, ovvero suscitano nel c.d. “utilizzatore informato” una “impressione generale” diversa da quella suscitatagli dai disegni/modelli anteriori. Il livello di creatività necessario per accedere a questa forma di tutela è inferiore a quello richiesto perché il design possa godere della protezione di diritto d’autore, e concordemente la tutela così concessa è più limitata di quella autoristica: con la registrazione come disegno/modello, infatti, il titolare acquisisce per un massimo di 25 anni il diritto esclusivo di usare il design e di vietare a terzi di sfruttare il medesimo design e quelli che producano la medesima “impressione generale”: quindi, rispetto alla tutela autoristica, quella conferita dal disegno registrato è più breve e non si estende a qualunque rielaborazione ma solo a quelle che producano la medesima “impressione generale”. Va precisato peraltro che di tale tutela godono anche i design non registrati che abbiano i summenzionati requisiti di novità e carattere individuale, ma in tal caso la durata della protezione è circoscritta a 3 anni dalla divulgazione (art. 11 Regolamento CE 6/2002).

Infine, il codice civile all’art. 2598 co. 1 n. 1 protegge i prodotti di industrial design contro l’imitazione ad opera dei concorrenti, sanzionandone l’imitazione servile come atto di concorrenza sleale: ciò significa che l’azienda che produce e commercializza i prodotti di design potrà agire nei confronti del concorrente che imiti i propri prodotti per chiedere la cessazione della commercializzazione e il risarcimento del danno. Qualora il concorrente non si limiti a copiare un solo prodotto, ma ne copi diversi, potrà aversi anche la forma di concorrenza sleale c.d. “parassitaria” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 3, ovvero quella “per agganciamento” sanzionata dall’art. 2598 co. 1 n. 2.

In questo dossier ci occuperemo della prima forma di tutela sopra indicata, quella di diritto d’autore, che nel tempo si è dimostrata la più controversa e che perciò ha comportato innumerevoli modifiche normative. Di seguito riassumiamo quindi il complesso iter normativo che negli ultimi anni ha variamente modificato la disciplina della tutela di diritto d’autore dell’industrial design, sino ad arrivare alla (ancora contestatissima) previsione attualmente in vigore.


2.    La tutela autoristica dalla “scindibilità” alla “moratoria”

In origine, l’articolo 2 c. 1 n. 4 LdA accordava tutela alle opere del disegno industriale il cui valore artistico fosse “scindibile dal carattere industriale del prodotto” (c.d. requisito della “scindibilità”). Tale tutela durava fino a settant’anni post mortem autoris (p.m.a.).

La necessità per il design di possedere il requisito della scindibilità, di difficile definizione, nella applicazione giurisprudenziale portava tuttavia in pratica a negare tutela alla stragrande maggioranza dei prodotti di industrial design, poiché i Giudici difficilmente riconoscevano l’esistenza di tale requisito. In altre parole: in punto di diritto la tutela autoristica del design esisteva, ma poiché i tribunali negavano quasi sempre che un prodotto di design possedesse il requisito della scindibilità, nella pratica era come se non esistesse. Per tale ragione, in Italia si sviluppò un intero comparto di aziende che, forti di questa applicazione giurisprudenziale ad esse favorevole, si ritenevano legittimate a produrre copie dei prodotti di industrial design altrui.

Nel 1998 venne però emanata la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e modelli registrati, che all’art. 17 stabilì che essi, oltre alla tutela ottenuta con la registrazione, ”sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore … fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”; non veniva quindi più menzionato il requisito della scindibilità. Il Governo Italiano emanò perciò il d. lgs. 95/2001 attuativo della direttiva in questione, che entrò in vigore il 19 aprile 2001: esso modificò l’art. 2 LdA abolendo il requisito della scindibilità e introducendo un nuovo n. 10 all’art. 2 co. 1 LdA, secondo cui godono della tutela di diritto d’autore tutte “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” (art. 2 co. 1 n. 10 LdA). In questo modo, non vi era più alcun dubbio – né applicazione giurisprudenziale contraria che tenesse – sulla tutelabilità autoristica dell’industrial design fino a 70 anni p.m.a.

La nuova previsione andava però a danneggiare tutto quel comparto di aziende di cui dicevamo, che prima dell’entrata in vigore della nuova norma si ritenevano legittimate a produrre e commercializzare le copie (e che chiameremo “copiatori ante 2001”). In risposta alle pressioni di queste ultime in Parlamento, intervennero nel giro di poco tempo due modifiche che tornarono a limitare la tutela di diritto d’autore dell’industrial design, ad opera rispettivamente del d. lgs. 164/2001 e della legge 273/2002.

Il d. lgs. 164/2001 modificò il d. lgs. 95/2001 introducendovi all’art. 25-bis la c.d. “moratoria decennale” in favore dei “copiatori ante 2001”: in base a tale norma, infatti, la tutela autoristica del design (ormai sancita inequivocabilmente dall’art. 2 co. 1 n. 10 LdA) non operava, per un periodo di dieci anni dal 19 aprile 2001, nei confronti di chi, prima di tale data, aveva “intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio”. Ciò aveva il dichiarato fine dare ai “copiatori ante 2001” il tempo di convertire la produzione e smaltire le scorte, tutelando quelli che tali copiatori sostenevano essere dei loro “diritti quesiti”. L’applicazione giurisprudenziale della nuova norma si mostrò in linea con le attese dei copiatori, poiché l’espressione “erano oppure erano divenuti di pubblico dominio” venne interpretata come riferita a tutti i prodotti di design realizzati prima del 19 aprile 2001, senza che nemmeno si pensasse di verificare se, al tempo, essi godessero di tutela autoristica per presenza del requisito della scindibilità: essi dunque erano tutti liberamente copiabili, per dieci anni, da parte di coloro che avevano iniziato a copiarli prima dello stesso 19 aprile 2001.

L’anno seguente, poi, la legge 273/2002 all’art. 17 limitò la tutela di diritto d’autore dell’industrial design a 25 anni p.m.a., in deroga alla regola generale della durata di settant’anni p.m.a.


3.    La procedura d’infrazione della CE e la decisione della CGUE

Le normativa appena citata confluì successivamente nel CPI, al cui art. 44 venne riportata la norma che limitava la tutela a 25 anni p.m.a, ed al cui art. 239 venne invece riprodotta la famigerata “moratoria decennale”. Tali previsioni costituivano però violazione della direttiva 06/116/CE sulla durata del diritto d’autore – che stabilisce che esso debba durare fino a settant’anni p.m.a. –, e della direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli – che ne prevede la tutela di diritto d’autore senza moratorie –, ragion per cui l’Italia venne assoggettata ad una procedura d’infrazione (n. 4088 del 2005) avviata dalla Commissione Europea (CE); in particolare, la Commissione rilevò che “la direttiva 98/71/CE non contiene nessuna norma che possa consentire una moratoria della tutela d’autore per le opere di disegno industriale”.

Al fine di evitare la procedura di fronte alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (CGCE), l’Italia si impegnò quindi formalmente ad adeguare il proprio ordinamento interno a quello comunitario, ovvero a:
i)    riportare a settant’anni p.m.a. la durata della tutela autoristica concessa alle opere del disegno industriale; e
ii)    eliminare la moratoria decennale che ingiustamente “gravava” sull’industrial design a favore dei copiatori.

Nonostante la dichiarata intenzione di procedere a tali adeguamenti, tuttavia, il Governo italiano emanò una nuova norma che accoglieva l’esigenza sub i) ma andava in senso opposto a quella sub ii). E infatti, con l’art. 4 co. 4 lett. a) del d.l. 10/2007, poi convertito con legge 46/2007, elevò correttamente la tutela autoristica dell’industrial design a 70 anni p.m.a.; ma con la lett. b) della medesima norma ampliò la moratoria anziché eliminarla.  (…)

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