Altro che morto: il design italiano è più vivo che mai e anzi «è un settore strategico, soprattutto in questo momento di crisi». Ne è convinta Luisa Bocchietto, architetto e presidente dell’Associazione per il design industriale (Adi), che del ruolo attuale del design italiano discuterà nei prossimi giorni a Milano, con altri relatori, durante l’evento «Design italiano design tradito?» organizzato da CulturAperta. «I più grandi designer internazionali lavorano o hanno lavorato per aziende italiane ‐ aggiunge Bocchietto ‐: se non ci fossero le nostre imprese, non ci sarebbero stati nemmeno loro!»
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Questo vale di sicuro per il passato: ma oggi è ancora così?
Sì, soprattutto se si considerano i diversi ambiti in cui si esprime il design. Secondo una recente ricerca dell’Adi, le aziende italiane che sono cresciute negli ultimi anni nonostante la crisi sono proprio quelle che hanno puntato sul design, inteso non come brand, ma come processo innovativo che investe non solo un prodotto, ma anche un servizio e un progetto.
Le nostre aziende sono ancora capaci di fare innovazione e coltivare giovani talenti?
Quando il design è nato, negli anni ’50, gli imprenditori hanno potuto cavalcare un boom economico senza uguali. Oggi è più difficile fare impresa, perciò molte aziende hanno preferito affidarsi a nomi già affermati, soprattutto internazionale e questo ha un po’ paralizzato il design italiano e i giovani. In qualche modo però la crisi sta invertendo questa tendenza. C’è un ritorno alla nostra tradizione e ai nostri designer, e le promesse non mancano, come Odoardo Fioravanti o Brian Sironi.
Quale ruolo svolgono le scuole?
Nel nostro paese ci sono circa cento istituti di design e molti di ottimo livello, tanto è vero che vengono a studiare tantissimi giovani dall’estero, dove il nostro design è molto più apprezzato che in Italia. Il nostro governo dovrebbe investirci di più, coma fanno l’Olanda, o la Korea, che incentivano i propri giovani a partecipare a saloni e concorsi e li sostengono nei primi anni di attività.
L’Adi compone ogni anno un Index con i progetti più interessanti: quali tendenze vede emergere?
Ormai si danno per scontate caratteristiche come bellezza e funzionalità. A fare la differenza sono i materiali scelti, la sostenibilità ambientale, la riduzione dei consumi e dei rifiutià Premiando questo genere di progetti l’Adi vuole anche suggerire alle aziende quale strada seguire.
L’innovazione costa: è appannaggio solo delle grandi imprese?
La capacità di innovare dipende più dalle persone che dai soldi. La mia sensazione è che esistano molte più novità di quante appaiano o facciano notizia sui media.
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