Arte e musica: la Chiesa vuol tornare a essere mecenate

La Chiesa torna a farsi grande committente in campo artistico. Lo fa anche per la musica: il Pontificio Consiglio della Cultura indice con la Sagra Musicale Umbra il premio “Francesco Siciliani”  per un’opera di musica sacra. La finale e la premiazione sono previste per il 14 settembre nella basilica di San Pietro a Perugia. Insomma, un concorso per autori contemporanei e per cercare – e possibilmente trovare – nuovi talenti.
Uno sforzo encomiabile. Però la notizia induce anche a molteplici riflessioni. Come dimostrano gli esiti francamente poco entusiasmanti di altre iniziative – pensiamo, ad esempio, i concorsi banditi dalla Cei per commissionare progetti per nuovi edifici sacri, che hanno prodotto chiese che a tutto fanno pensare tranne che a una chiesa appunto – la domanda  più generale riguarda la possibilità di essere davvero creativi oggi.  I risultati tra arte, musica, letteratura fanno dubitare di questa possibilità: siamo sommersi da grande spazzatura spacciata per “arte”. Non si può dirlo diversamente. Sul tema, importante e inquietante, si parla in un’intervista pubblicata dal quotidiano Avvenire a Rodolfo Papa, pittore e scultore, storico dell’arte e docente presso la Pontificia Università Urbaniana, nonché autore del saggio Discorsi sull’arte sacra (Cantagalli editore). L’intervista, di Laura Badaracchi, ha un titolo che è una domanda centrale: Perché l’arte di oggi odia la bellezza?.  Tra le altre cose, Papa sostiene che ora stiamo vivendo un periodo generale di crisi della bellezza, coinvolta nelle distorsioni proprie del relativismo, disciolta nelle incertezze postmoderne, manipolata, negata, deformata.