Non conoscevo Giuseppe, ma il suo lavoro mi era stato segnalato da un’amica comune. Ci siamo scritti e quando ho visto le foto per la collezione p/e 2012 della linea che disegna è stato un colpo di fulmine. Unravel, così si chiama il brand creato da Giuseppe Fanelli, parla ad una donna, non ad una ragazzina, o, meglio ancora, ad una figura femminile che non ama le convenzioni, compreso quelle dettate dall’età anagrafica. Intellettuale e culturalmente attiva, ironica e con molto sense of humour, uno sguardo disincantato sul mondo, ‘pigramente signora’ e sensuale. Tutto questo e molto di più si nasconde dietro gli scatti che Giuseppe mi ha mostrato e io condivido con voi. Il lusso decadente, alla Vogue Paris, è in realtà uno sberleffo, la voglia di divertirsi, partendo da una forte dose di autoironia. UNRAVEL 19022010 nasce grazie all’incontro di Giuseppe nel 2009 con Margherita Brazzale, donna libera e intraprendente, sofisticata ed elegante, classe 1976, che vive e lavora fra Vicenza e Sao Paulo, una giovane manager che, accanita sostenitrice del valore aggiunto dell’alta qualità del Made in Italy, ha deciso di produrre in Italia la collezione di pret-a-porter dell’eclettico stilista.
Giuseppe ci rivela il suo percorso di moda e la sua creatività in questa intervista.

Come ti sei avvicinato alla moda?
Ero  molto indeciso, prima di tuffarmi a capofitto nel magico mondo della moda, ci ho pensato un bel po’. Nell’ estate del 1993 compro  il numero di agosto diel giornale Moda, sicuramente te la ricordi, in copertina di spalle Linda Evangelista e dentro un fantastico articolo su tutte le varie accademie. Colpo al cuore. Possibilità di studiare, dare il meglio ed essere selezionato per presentare una prima collezione durante la settimana dell’alta moda romana. L’amore per la moda, la passione, è cresciuta negli anni, soprattutto iniziando a lavorare e a toccare con mano. Il mio primo stage con Alberta Ferretti, poi piccole collaborazioni come freelance fino all’incontro con Antonio Marras.  Ero a bologna.un venerdi pomeriggio, feci il colloquio e il lunedì successivo l’ho raggiunto ad Alghero con tutte le mie valigie! Sei lunghi anni e l’esperienza più bella e intensa del mio lavoro. Sono cresciuto con Antonio e grazie a lui. È li che mi sono innamorato definitivamente di questo lavoro. Adoro disegnare da sempre e con Antonio il disegno era molto importante, cosi come la  possibilità ci creare capi sul manichino. Ecco in quell’ufficio stile ho fatto davvero qualunque cosa. Niente compartimenti stagni. Tutto era strettamente connesso : moda, arte, musica, tutto. Poi ho lasciato l’isola, forse in un momento di follia o forse no.  Ho incontrato Sophia Kokosalaki ed è nata una bella collaborazione e una grande amicizia.  Anche da lei ho imparato molto. La dea greca del plissè. Mi ricordo ancora la prima volta a Parigi per lo show, un abito su manichino, 15 metri di jersey e uno spillino per ogni piccola piega. Dopo Sophia per un breve periodo mi sono sistemato nell’ufficio accessori/prodotto Margiela. La meraviglia pura. Una volta  ho contattato un’azienda islandese che fornisce catadiottri al mondo, perché servivano quintali di catadiottri di tutti i colori per una sfilata. Dopo altre collaborazioni fino ad arrivare ad Unravel.

 

Come è nato il progetto Unravel? E perché questo nome?
Il progetto Unravel nasce grazie alla mia partner, socia, grande amica Margherita Brazzale. Coraggiosa e un po’ folle, così la definirei, oltre che molto bella! Mi ha proposto la sua idea: una piccola collezione donna, pochi capi speciali, disegnati da me. Ho detto sì immediatamente. Dopo dieci anni di lavoro mi sentivo decisamente pronto ad affrontare la sfida. Cosi nasce Unravel. Non difficile anche la scelta del nome. Unravel è una canzone meravigliosa di Bjork, che mi ha accompagnato per lungo tempo. Inoltre piaceva a tutti e due il significato, unravel sta per districare, sbrogliare. È un po’ come ‘risolvere qualcosa’.

 

Le foto che mi hai mandato fanno pensare ad una figura femminile un po’ fuori dagli schemi, con un pizzico di follia. Mi sai tratteggiare la figura femminile per cui disegni? Icone di riferimento?
La figura femminile che vedi nelle foto, è un po’ fuori dagli schemi. Il primissimo shooting fotografico lo abbiamo fatto con la splendida Silvia Calderoni che si è prestata ad essere modella per un giorno, lei che fa tutt’altro nella vita. Ero con un’amica a Torino e la sera prima degli scatti l’abbiamo rivista a teatro. Assolutamente perfetta per la prima uscita della collezione. Avevamo voglia di emozioni forti, così come quelle che ci aveva regalato Silvia. Da li abbiamo proseguito alla ricerca di donne con carattere, figure vere, madri, non modelle, donne che avessero emozioni da esprimere, qualcosa da dire. Cosi come è successo con Tatiana J.W. per la nostra seconda collezione. Il punto fondamentale è che ci piace mostrare il vero, non l’artefatto. Gli shooting quasi tutti fatti a casa delle “non modelle”, nella loro quotidianità. Cosi nascono anche gli abiti. Non dico che vai a far la spesa con un abito di tulle plissettato, lungo fino ai piedi e trasparente, ma lo puoi mettere anche in casa un giorno in cui vuoi sentirti più bella e magari aspetti degli amici per un caffè. Icone di riferimento tante. Una per tutte: PJ Harvey, la mia piccola anima rock la insegue ad ogni concerto. Voce sensuale e profonda. Questo mi ispira moltissimo.

 

Raccontami l’ultima collezione.
L’ultima collezione è nata dalla voglia di positività. Ce n’é sempre troppo poca nell’aria. Io grande fan del total black, mai usato il rosso in vita mia, ma ho pensato fosse il colore adatto per coinvolgere di più, per scuotere. È un rosso vibrante, è vivo. È un colore che ti fa vivere e per assurdo l’ho scelto mentre rileggevo “Diari” di Silvia Plath. Documento traboccante di emozioni. Il rosso era perfetto. Dalle emozioni di Silvia Plath alle sculture di Berlinde de Bruyckere, il suo studio del corpo: così è nata l’ultima collezione. Il color carne è contrapposto al rosso: il nudo e la libertà del corpo, tutto questo si ritrova nei venti pezzi della spring/summer. Ci sono maxi-top e piccoli vestiti in jersey o viscosa che lasciano il corpo libero di muoversi, le giacche sono leggermente over e senza bottoni, avvolgono il corpo e lo lasciano respirare, mentre il tulle plissè è parte di Unravel dalla prima stagione. Piccoli pezzi, top e T-shirt solo di tulle di seta. E continua l’inserimento di capi studiati senza avere né un davanti, né un dietro. Da indossare senza guardare troppo. Li prendi dall’armadio e li indossi. È anche un po’ questo Unravel.

 

Secondo te il sistema moda aiuta i giovani?
Ho seguito sempre poco le iniziative per aiutare i giovani designer, sono sincero. Sto entrando ora nel meccanismo. Si, ci sono delle possibilità, ma credo non siano molte. Non sufficienti. E a parte i concorsi, in cui puoi farti vedere al mondo, tutto il resto devi andartelo a prendere e non ci sono “sconti”. Penso agli showroom che sono sempre cosi titubanti su un brand giovane. Forse colpa della “crisi”. Che noi abbiamo sfidato, iniziando in questo preciso e difficile momento.

 

Sempre guardando alle foto il pensiero va ad una strana forma di lusso, i vestiti sembrano in contrasto con una location opulenta, che però viene un filo sbeffeggiata. Sbaglio? Da questo mi viene da chiederti qual è la posizione riguardo al lusso. Che cosa è lusso oggi per te?
Hai perfettamente colto il tutto. L ultima collezione, fotografata dal grande Dido Fontana, sbeffeggia il lusso. Personalmente ho  sempre detestato le case “imbalsamate”, quelle dove ci sono mille stanze, ma non si utilizzano. Io adoro usare ogni spazio della mia casa e cosi abbiamo fatto con la villa delle foto. Ogni angolo è stato sfruttato per gli scatti. Da una donna bellissima. Che prende in giro quel posto. È lei la cosa più bella. Ma gli scatti così ironici sono opera di Dido. È una peculiarità del suo lavoro. Irriverente al punto giusto, realistico, scatta quello che vede, quello che lo colpisce, sempre tutto storto e fintamente casuale. L’ho adorato per questo. Ci siamo trovati d accordo su tutto e durante lo shooting ci siamo divertiti come non mai. Cosa è il lusso? Per quanto riguarda me posso dirti che è davvero quello che sto facendo ora. Il lusso più grande è fare quello che si ama di più. Non solo come lavoro, ma in generale nella vita. Essere soddisfatti delle proprie scelte, godere di ogni giornata e…mangiare bene!

 

 

Design versus grandi catene dello stile a basso costo. Cosa ne pensi?
Bella domanda. Son un fan delle catene a basso costo. Non tutte ovviamente, ma ci trovo sempre dei gran “pezzi”. Ad esempio i pantaloni da donna di uno dei nomi più importanti fra queste grandi catene sono sempre perfetti! Mi piace poi l’idea che quasi tutti ora collaborino con designer importanti, che lasciano una loro impronta e raggiungono un mercato diverso. E, sia chiaro, io sono disponibilissimo ad una collaborazione di questo tipo!

A cosa stai lavorando al momento? Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro?
Al momento sto sistemando la produzione, valutando proposte da showroom di Tokyo e disegnando la nuova collezione. In più sto finendo di preparare dei capi per Zola Jesus. Li ha scelti davvero e ancora non posso crederci. Le ho scritto una mail e lei ha risposto! Per il futuro io mi aspetto di tutto. Sono pronto. Basta un fischio e corro. Arriverà tutto insieme, ne sono sicuro.

Nella seconda pagina alcune altre foto della collezione Unravel per la p/e 2012.