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l ritmo da tenere va deciso subito. Perché la prima cosa che si vede, arrivando in Triennale per la nuova mostra O’Clock (sottotitolo: time design, design time), è un doppio ingresso. Una entrata è per il percorso veloce, l’altra per chi è deciso ad andare lentamente. Bellissimo. Una scelta del genere dovrebbe essere sempre concessa: nei corridoi della metropolitana come nei momenti salienti della nostra vita.

La libertà (di interpretazione e di movimento) è uno dei punti forti di questa grande messa in scena collettiva, visibile al Triennale Design Museum fino all’8 gennaio 2012. Il tema è quello del tempo: in senso filosofico, ancestrale, tecnico, emotivo. E del suo rapporto con la progettazione. Argomento vasto e complicato, che potrebbe diventare fitto di luoghi comuni e pericolose scivolate didascaliche. E invece no. A partire dal primo approccio, tutta l’esposizione scivola via con la stessa leggerezza, curiosa e divertita. Senza trasformarsi mai in pensiero superficiale.

I due tracciati proposti per vedere la mostra non sono irrimediabili: in ogni istante si può cambiare ritmo di visita. Inutile ciondolare se si vogliono bruciare le tappe, sbagliato forzarsi a correre. Con la stessa morbida fluidità si alternano i pezzi esposti. Grandi opere di artisti del calibro di Louise Bourgeois e Damien Hirst, che per l’occasione ha presentato una tela dove sono incastonati i quadranti degli orologi Panerai, sponsor dell’iniziativa. Si alternano a pezzi conosciuti di designer altrettanto noti (Maarten Baas, Marcel Wanders, le Front). E molto spazio è dedicato alla ricerca di nuovi talenti (BCXSY, Asif Khan). Ma i nomi sono davvero tanti, e spiccano sorprese vere e proprie come il video del 1953 4’33’’ di John Cage.

Rubare il tempo altrui. Prendersi il proprio tempo. Il bene assoluto dei nostri giorni, oggetto di sopraffazione e grandi rivendicazioni, sembra essere proprio questo. E, allora, ben venga la sferzata di leggerezza e allegria proposta da Patricia Urquiola. Il suo allestimento funziona. In tre fasi (misurare il tempo, viaggiare nel tempo e rappresentare il tempo) si sviluppa un discorso intenso, fatto di associazioni di idee (libere, appunto) e suggestioni stimolanti. Due lavori firmati dalla designer stessa restituiscono l’atmosfera di O’Clock. Una macchina per il tempo in forma di mosca gigante, costruita utilizzando alcuni tra i pezzi più famosi firmati da Patricia. E Hurry up! Hurry up! un video interattivo proiettato a terra, poco prima dell’uscita, dove una serie di Bianconigli (quelli di Alice nel Paese delle Meraviglie) giocano insieme ai visitatori. Irresistibili.

di Angela Zanatti

11 Ottobre 2011