Mercoledì 4 aprile si è tenuta, grazie al sostegno di Gigaset, nel negozio di Skitsch, una nuova puntata di Design Circle (il circuito di conferenze informali che ha l’obiettivo di far dialogare in modalità aperta e trasversale le differenti figure che compongono lo scenario del design contemporaneo):  si è parlato in questa edizione di artigianato e design. Il tema nasce dalla valutazione che alla vigilia del prossimo Salone del Mobile e Fuori Salone di Milano, moltissime anticipazioni parlano già di progetti e mostre dedicate al binomio progettuale/manuale. Insomma la sensazione è che si stia cercando una nuova definizione del rapporto possibile tra il lavoro artigiano e il progetto creativo dei designer. Un incontro che rappresenta un’opportunità carica di significati, simbolo di un forte cambio culturale in atto.

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A scambiarsi opinioni a riguardo, erano presenti i designer Francesco FaccinGiulio Iacchetti, Lorenzo LongoChiara MoreschiAndrea RadiceHarry Thaler, Stefano Maffei (professore del Politecnico di Milano, curatore e ideatore della galleria milanese Subalterno1), Mario Sampietro di Sampietro 1927, Kuno Prey (Preside della Facoltà di Design Arti della Libera Università di Bolzano). Come è nelle finalità delle serate Design Circle, la discussione è entrata immediatamente nel concreto delle esperienze e delle esigenze manifestate da chi il settore lo costruisce e lo vive professionalmente, con opinioni anche contrastanti a volte, ma cariche di motivazione e vissuto personale.

Giulio Iacchetti

Ci siamo fatti raccontare le operazioni di art direction di manifatture artigiane, con Lorenzo Longo di De-Signum per www.pietraleccese.com e con Harry Thaler per Pur Manufactur, abbiamo riflettuto sulle autoproduzioni di designer come Giulio Iacchetti e Chiara Moreschi, con le Auto-ri-produzioni che citano progetti Ikea a loro volta oggetto di ‘citazioni’.  I progetti coordinati da Kuno Prey per la Facoltà di Design e Arti – Libera Università di Bolzano nascono dal fertile territorio altoatesino ricco di storia e cultura ancora a contatto con il fare manuale.

Sempre di connessioni locali tra making e design ha parlato Stefano Maffei anticipando la mostra fuori salone al Subalterno1, Analogico/Digitale. Il designer Andrea Radice del duo Radice Orlandini ci ha raccontato di come avessero sviluppato i nuovi imbottiti a stretto confronto con il tapezziere che li ha aiutati a sviluppare un prodotto poi messo in produzione da Skitsch. Francesco Faccin parlando dei suoi progetti 2012, ci ha raccontato l’esperienza con Valsecchi1918, in cui la lavorazione artigiana è una dimensione possibile anche su una scala di produzione di grandi volumi, mentre per Sampietro1927, un’azienda artigiana comasca dedita alla lavorazione del ferro battuto, il dialogo con i designer rappresenta una nuova opportunità per evolvere il patrimonio di business e le prospettive future raggiungendo nuovi target.

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E’ apparso immediato un nuovo ruolo sociale ed economico che potrebbe avere l’artigianato italiano e l’impresa artigiana rispetto al Made in Italy. L’artigiano da persona che trasforma a mano i materiali, ora inizia a capire che integrando un buon disegno, un buon progetto, nuove tecnologie, può raggiungere nuovi target ed economicamente trovare nuovi sbocchi di vendita. Un discorso estremamente attuale, che potrebbe rappresentare una risorsa per il tessuto produttivo italiano, tanto a Nord che a Sud della penisola italiana.

Radice e Orlandini

Gli esempi infatti rappresentati sia da Kuno Prey ed  Harry Thaler, quest ultimo in collegamento skype da Londra, che hanno illustrato il successo dell’esperienza Pur Manufaktur, produzioni artigiane a km 0 nato due anni fa nei dintorni di Merano e che conosce uno straodinario successo distributivo, in loco, grazie alla presenza di un vivace afflusso di turisti capace di apprezzare nuovi oggetti tradizionali ma disegnati con un pensiero di design. . Un brand creato con materiali e mano d opera locale, e soprattutto venduta con successo nel raggio di poche decine di chilometri attorno a Merano. Design a km0 dunque, proprio su modello del settore alimentare. Un altro esempio interessante è la Pimar, impresa di trasformazione della pietra salentina, tradizionalmente dedita a grandi commesse architettoniche internazionali, che per questo Salone presenterà una collezione di oggetti contemporanei firmati da alcuni tra le migliori firme del design, tra cui Roberto e Ludovica Palomba, Matalie Crasset, Matteo Ragni, sotto l art direction di De Signum.

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Le motivazioni economiche di questo fenomeno sono ovviamente da rintracciarsi nel tentativo di contrastare una congiuntura che riduce le prospettive e la dinamicità del mercato, sia per i designer che per gli artigiani o le aziende che trasformano materiali locali. Ognuna di queste figure è alla ricerca di soluzioni che possano rappresentare una nuova opportunità di interpretare la propria professione. Indubbiamente la componente che con urgenza esige delle definizioni è quella distributiva. Perchè finora questo fenomeno sta dimostrando quanto vivace possa essere la creazione produzione e confezione di nuovi prodotti di design artigiano. A valle di ciò si pongono tutte le questioni di comunicazione e distribuzione necessarie affinchè questi oggetti non rimangano un mero esercizio di autonomia.

L’incontro tra design e artigianato si manifesta da sempre e a qualsiasi livello nel tessuto produttivo italiano, perchè la capacità di sviluppare produzioni di alta qulità formale è sempre stata una delle peculiarità delle aziende di design italiane. Quindi storicamente non è una novità assoluta, almeno per l’Italia. La ragione per cui in questo periodo si parla di nuovo dialogo tra designer e produzioni manuali risiede nel fatto che la diversificazione del fenomeno sotto molti punti di vista sta portando a una lenta e sempre maggiore spinta dal basso. Questo avviene essenzialmente su due binari, da una parte i designer si autoproducono e dall altra le aziende artigiane (magari proprio quelle che facevano da terzisti per le grandi aziende di design) si orientano a una produzione meno in stile e più contemporanea. Partendo dallo stimolo penalizzante della crisi e della sempre maggiore assenza di aziende in grado di investire in nuovi progetti, i designer decidono di investire su se stessi, cercando i produttori spesso artigiani che possano trasformare i loro prototipi ed idee in prodotti concreti, gia pronti per il mercato. Queste autoproduzioni hanno ancora difficoltà a rappresentare dei modelli economici sostenibili, ma il segnale di autodeterminazione è forte e vivificante.

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Pressante appare la questione distributiva, ovvero, come può costruirsi un modello imprenditoriale sostenibile a valle di queste mini-produzioni dei designer? Dopo che il designer ha dato vita ai suoi progetti, queste produzioni sono vendibili, riescono a intercettare il target, quali canali o nuove vie distributive possono esserci oltre alla inconsistente speranza di veder piazzati i propri oggetti in un concept store? c è chi ha parlato del modello Etsy, il portale di vendita online per piccole produzioni artigianali, ma le vie possono essere ancora altre.

Francesco Faccin

Mettendo in dialogo artigianato e design, può essere possibile trovare una nuova definizione di un modello di business, e soprattutto di distribuzione, di vendita e comunicazione. Perchè sia nel design, che nell’artigianato il vero nodo da sciogliere è quello di trovare modelli distributivi nuovi, validi ed efficaci, soprattutto che sappiano sfruttare le nuove piazze virtuali e social, piuttosto che ambire a creare prodotti per essere esposti nelle vetrine dei concept store nel mondo.

di Patrizia Coggiola