Se è vero che la crisi aguzza l’ingegno, allora Alessi è sicuramente una di quelle poche eccellenze del design made in Italy che non hanno mai deluso le aspettative. Neppure in un periodo di forti incertezze economiche, e non solo, come quello che stiamo vivendo. A testimoniarlo è il progetto Buon Lavoro, nato da Michele e Alberto Alessi, in seguito alla necessità di far fronte agli alti e bassi della capacità produttiva dell’azienda.

Qualche anno fa, Alessi ha fatto una scelta strategica, mantenendo una parte significativa della produzione in Italia, in particolar modo nello stabilimento di Crusinallo, là dove l’azienda è nata. “A tutt’oggi lì viene prodotto tutto il metallo stampato a freddo, perciò una parte considerevole dei nostri prodotti è realizzata in questo modo”, mi conferma Nicoletta Alessi durante una chiacchierata. “Questa è stata una scelta che riteniamo strategica ma difficile da mantenere, in virtù delle contingenze economiche, soprattutto con gli attuali costi di produzione”, ci tiene a sottolineare. Infatti è stata lei, insieme all’agenzia Goodpoint, a gestire il progetto Buon Lavoro. Indubbiamente un progetto lungimirante, a tal punto da trovare sin da subito la piena disponibilità da parte del sindaco, una donna illuminata – ascoltando le parole di Nicoletta. E quindi a sostegno della (mia) tesi secondo cui la figura femminile vale sempre una marcia più.

Il progetto Buon Lavoro è stata la risposta agli interrogativi su una possibile e diversa soluzione alla canonica cassa integrazione prevista a livello istituzionale, cui Alessi non ha voluto far ricorso in un momento in cui l’azienda andava bene. L’idea era quella di provare ad utilizzare e capitalizzare il tempo dei propri dipendenti, per dar vita ad attività socialmente utili alla comunità. Sono state così messe in campo le risorse economiche e le energie dell’azienda, oltre a quelle del Comune. “Il progetto è partito con un’adesione a titolo volontario da parte dei dipendenti”, racconta Nicoletta.

Una scelta libera che ha visto circa l’87% di loro aderire al progetto, quasi un plebiscito, come commentato da Michele Alessi: “In 38 anni nessuna decisione che ho preso ha riscosso così tanti consensi”. Ovviamente ci è stato il confronto con i sindacati, si è seguito il solito iter burocratico, ma il primo successo – dichiara Nicoletta – sarà quello di vedere realizzati i lavori che hanno avuto inizio lo scorso 24 giugno. Perché, se è pur vero che ogni azienda può presentare i più svariati progetti, il trend dimostra invece che il pubblico è sempre più attento a particolari tematiche, all’impatto che queste hanno sul sociale e al modo con cui le aziende le gestiscono.

Nasce proprio da qui il mio confronto con l’esperienza di Adriano Olivetti (a cui Rai 1 dedicherà una fiction in autunno) e Alessi. Secondo Alberto, “sinora la similitudine con Olivetti di Adriano, spesso richiamata dai media, è stata esclusivamente nella qualità estetica e culturale sia dei prodotti sia del contesto industriale in sé, ora con questa iniziativa forse si apre una dimensione più direttamente attenta e vicina al sociale, in ogni modo lo sarebbe con modalità diverse da quelle olivettiane, che erano anche di impronta più politica”. Michele aggiunge: “In realtà non è che l’azienda si sposta dall’attenzione al prodotto all’attenzione al sociale, sono due anime che la caratterizzano da sempre, perché l’attenzione alle persone richiede attenzione alla fabbrica, al lavoro e a un certo modo di intendere quest’ultimo, e naturalmente al territorio e alla comunità”.

Insomma, Alessi resta una delle poche fabbriche del design italiano. Nel 2021 festeggerà i suoi primi 100 anni di successi e, al contempo, seppur in misura ridotta, anni di difficoltà e problemi che si è dovuto affrontare – ricorda Alberto. Successi raggiunti grazie a quei prodotti diventati dei veri e propri cult e ormai presenti in tutte le case degli italiani (e non solo!).

Questa è Alessi. Una vera e propria Fabbrica dei Sogni, volendo citare l’omonimo libro edito da Electa. Sogni firmati da una serie di Maestri del design, tra i quali Sottsass, Castiglioni e Sapper. Poi, negli anni ottanta, le collaborazioni si moltiplicano e si aprono a tanti altri come Mendini, Giovannoni, Starck; fino a contare, oggi, un network di circa 300 progettisti tra designer, architetti e qualche artista sparso in tutto il mondo.

Sono abbastanza confortata dalla risposta di Michele Alessi alla mia domanda se nel futuro del nostro Paese e delle nostre eccellenze possa esserci ancora spazio per una Fabbrica dei Sogni. Lui si è confidato: trova difficile credere in un futuro senza sogni. Idem per me. We still have a dream!


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