Foire 2012: viaggio
nell’Atelier delle imprese artigiane
31/01/2012
AOSTA.
Atelier des métiers, fucina di idee. E di eccellenze
artistiche. Di creatività e di produzione di nicchia. Professionisti
che dedicano la loro vita alla lavorazione del legno. Creare il
nuovo diventa un piacere da condividere con il pubblico. Realizzare
l’oggetto, il mobile, la struttura originale rappresenta motivo di
orgoglio in un settore dove la concorrenza si trasforma in una
amichevole tenzone tra artigiani-artisti. A tutto vantaggio della
fantasia, “amica” insostituibile di questi protagonisti dell’arte
rustica.
Quella
fantasia, alleata delle mille idee al minuto, che permette a Ruggero
Montanari, di Pontey, (8 anni di Atelier) di costruire ambientazioni
di grande effetto. Un “unicum” ad ogni Atelier. Dopo la taverna,
presentata lo scorso anno, nell’edizione 2012 dell’Atelier offre ai
visitatori uno stabilimento termale casalingo. «E’ l’arredamento di
un bagno – spiega – con sauna e doccia in legno di abete vecchio. Ho
scelto il granito per il lavandino a cui ho dato la forma di pera.
Mi piace molto l’accostamento della pietra con il legno».
Preferisce
essere chiamato “Mastrociliegia”, nome d’arte per l’artista Mauro
Chenuil, pluripremiato in vari concorsi, dal 2004 espositore
nell’Atelier. «Lavoro il noce all’80 per cento – dice -. Quando
scolpisco i visi uso il legno di tiglio perché riflette il colore
della pelle». Ricorda i premi: «Il primo l’ho vinto nella fiera
estiva, ad Antey, riservata alle scuole di scultura, proponendo la
facciata di un caminetto. Il terzo, nella stessa manifestazione, mi
è stato assegnato grazie ad una bicicletta tutta in legno, compresa
la catena».
Sarta
costumista, specializzata nei costumi di tradizione. E per Susy
Robbin, di Valpelline, l’Atelier rappresenta la vetrina ottimale per
presentare i costumi delle Landzettes, le maschere del carnevale
della Coumba Freide. Un abbigliamento di grande pregio, sfavillante
di lustrini, paillettes, perle e specchietti ricamati su stoffa di
velluto. E’ al suo battesimo dell’Atelier. «Ho imparato il ricamo
delle Landzettes da donne residenti nella Coumba – dice – che
custodiscono, con grande amore, il segreto di questi decori,
tramandati di generazione in generazione». Non ha problema a dire il
costo di realizzo di
questi
costumi. «Duemila e cinquecento euro per un mese di lavoro
totalizzante. Tutto il giorno destinato a questo manufatto». Sua
anche la composizione del cappello, emulo del copricapo dei soldati
di Napoleone. «La base di cartone – spiega – viene rivestita in raso
e velluto e rifinita con fiori e specchietti».
Renzo Ferrari, da Pont St.Martin, hobbista della pietra, ha insegnato
il mestiere ai figli Claudio e Fabrizio. Si presentano all’Atelier
con il pezzo forte della loro produzione. Le mastodontiche stufe in
pietra ollare, materia
prima
che arriva dalla valle di Gressoney e da Champorcher. «Lavoriamo,
oltre che con varie regioni italiane, anche con la Svizzera. Una
stufa così riscalda un alloggio di cento metri quadri», dicono,
indicando il contrasto con l’oggettistica in miniatura.
“Dai galli che fanno l’uovo, dalle donne che fischiano e dalle galline
che cantano come i galli bisogna disfarsene il più in fretta
possibile». Detto popolare ripreso da Salvatore Cazzato, artigiano
di Gressan, fra i veterani dell’Atelier, per decorare la porta del
contenitore realizzato in legno di tiglio.
Un
uovo di proporzioni gigantesche, una scultura ergonomica dal
molteplice utilizzo. «Tre mesi di lavoro – dice l’autore -. Mi ha
impegnato, in particolare, la lavorazione con la “sgorbia”, una
sorta di scalpello arrontondato necessario per realizzare questo
effetto “piccole onde”».
L’albero della vita troneggia nello stand di Fabrizio Varisellaz,
artigiano di Verres. Un tronco di castagno trasformato in uno dei
vegetali più amati dall’umanità. Un albero/libreria e portaoggetti.
Un albero da ornare e illuminare a piacere. «E’ la prima
scultura
di questo genere – dice l’artista -. Un insieme di tavolette
incollate che formano le rotondità degli appoggi. Adoro le forme
arrotondate. Sono soddisfatto dell’opera. Sta riscuotendo un grande
successo».
Aveva sei anni quando è andato a lavorare “a bottega”, a San Giorgio
Morgeto, paese del Sud della Calabria dove è nato Mario Spanò.
«Faccio il falegname da una vita – dice -. Ho dieci anni di Atelier
sulle spalle e, dopo il tavolo in larice con panca presentato nel
2011, questa volta propongo una cucina in abete vecchio, completa di
elettrodomestici, adatta a nuclei mono o bifamigliari».
Sono stati fra i primi a lanciare il legno di abete vecchio
all’Atelier. Franco Angelini e la moglie Mafalda Rollet, da Morgex,
hanno allestito un’ambientazione in cui dalla cucina si sale su una
scala, in larice vecchio, sostenuta da una cabina armadio. «La
ringhiera – dicono – è in rami di pioppo. Siamo nati lavorando legni
vecchi. C’è un ottimo mercato in cui ci troviamo in maniera
ottimale. Nel legno nuovo e liscio c’è troppa concorrenza»,
affermano.
Sandra Lucchini