Nella guerra tra mobilifici della Brianza e della Toscana, sono questi ultimi a riportare una vittoria nel decreto Milleproroghe: le commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera hanno infatti approvato un emendamento che sposta dal 2006 al 2016 l’applicazione della proprietà intellettuale del design storico, come chiedono i produttori di Mobili della Val d’Elsa e del Valdarno.
La querelle tra brianzoli e toscani va avanti da tempo e interessa ormai anche i tribunali, con cause sulla proprietà industriale. Essa riguarda le copie di mobili usciti dalla matita di celebri maestri del design, come Le Corbouisier (celebre la sua chaise longue in acciaio cromato), Pierre Jeanneret o Charlotte Perriand, risalenti agli anni Venti e prodotte da alcune grandi industrie, come Cassina, e dai suoi terzisti brianzoli. In anni recenti nel business sono entrati i mobilifici sorti a Poggibonsi e in Valdarno: questi ultimi hanno sempre sostenuto che la legge sulla proprietà industriale va intesa nel senso che le opere di design divenute di pubblico dominio possono essere ancora da loro prodotte se lo erano prima della direttiva europea del 2001, anche perché nel frattempo è scaduta la registrazione. Quest’anno la guerra si è allargata poi alle Marche, con la causa intentata dalla Flou alla Chateau d’Ax per il design del letto Nathalie.
Nel decreto sviluppo della scorsa primavera la Lega era riuscita ad imporre una norma a difesa dei Brianzoli, che decretava che anche sul design storico valeva la proprietà intellettuale, a partire dal 2006. Quest’anno, forse anche per il fatto che la Lega è in minoranza, è passato un emendamento di Rolando Nannicini, deputato del Pd di Montevarchi, iche viene incotnro alle richieste dei toscani, spostando il termine al 2016.
“Non metto in discussione il principio della proprietà industriale – spiega il parlamentare – però bisogna affrontare la questione dal punto di vista industriale. Dobbiamo dare il tempo ad aziende italiane che da anni producevano questi mobili o accessori di ristrutturare la produzione. Altrimenti mettiamo a rischio migliaia di posti di lavoro; e parliamo di lavoratori italiani perché questi mobilifici producono tutto in Italia, diversamente da alcuni dei Brianzoli che hanno sedi anche all’estero”.