• Diminuisci dimensione testo
  • Aumenta dimensione testo
  • Print
  • Contact
  • Mobile
  • RSS feed

Corriere della Sera

Abitare Questa è la mia casa Massimo Rosati Migliaia di oggetti e rari memorabilia della star di Memphis raccolti dall’ architetto milanese nel suo grande loft Nell’ ex fabbrica 500 miniature

«S ubisco il fascino dell’ icona, sono un collezionista per divertimento, senza feticismo. Ed Elvis Presley non è solo la voce più bella del mondo, ha creato un personaggio mitico, dalla Cadillac rosa alle decine di costumi indossati persino da Topolino, Pippo e Betty Boop». Massimo Rosati, classe 1962, raccoglie nel suo luminoso loft in un angolo tranquillo e un po’ avveniristico della periferia nord-est di Milano, 500 miniature, tutte ispirate a Elvis «The King». Sono in ceramica, peltro, resina, stoffa, con carillon incorporato, a forma di bottiglia di whisky o di matrioska. Architetto e designer, per 14 anni direttore della rivista «La mia casa», Rosati è un fan degli anni Sessanta e cita Kevin Kline nel «Grande freddo» che alla domanda di Jeff Goldblum «come mai tutta questa musica rock e rhythm and blues», rispose «perché, ne esiste un’ altra?». Sono le canzoni, infatti, più della biografia, a legarlo al mito di Elvis, come si scopre dai 13 metri lineari di cd, che accanto alla musica lirica allineano tutti i must degli anni 50, 60 e 70. E mentre confessa di avere nel suo iPod «più di 10.500 brani di Elvis, appena la metà di quello che lui ha inciso», Massimo Rosati si gode il silenzio assoluto del piccolo appartamento inondato dalla luce attraverso 40 metri quadrati di finestre a vasistas. «Sono approdato qui sei anni fa – racconta – è un’ ex fabbrica della Giò Style ristrutturata dall’ architetto Mutti, lo stesso di via Ventura. Me ne sono innamorato subito, alla mattina mi sveglia il canto del gallo, perché alcuni miei vicini tengono nel giardino un paio di polli… Ma non volevo una casa museo, ho disegnato io quasi tutti i mobili». Lo stile è essenziale, caldo, non minimalista: bianco il tavolo lineare della cucina su cui pende un lampadario a gocce di cristallo, di Anthologie Quartett, bianchissimi i divani e il pavimento in cemento, un candore interrotto dai grandi tappeti Sumak, acquistati in Turchia, dall’ intramontabile chaise longue in pelle nera di Le Corbusier e da un paio di lampade, come un modello originale da tecnigrafo degli anni 20, rifatto in scala 4:1 e l’ «angelo» a stele dell’ amico Benny Recchioni. Ma le sorprese vere incominciano quando l’ architetto, che da aprile ha lanciato con successo il web magazine Designstreet.it, apre una porticina ed ecco in una specie di sgabuzzino «la mia collezione di paperelle, ne ho centinaia, è un gioco… il problema è lo spazio, arrivo a un certo punto, poi mi fermo». Continuiamo l’ esplorazione, salendo per le scale di legno che portano ai due soppalchi, la camera da letto e «il mio sancta sanctorum», dice scherzando, ovvero lo studio. Perché qui, oltre alla collezione di miniature di Elvis sistemate nelle teche (quasi tutte made in Usa e comprate on line), c’ è anche «il suo più bel busto, un esemplare identico è sulla sua scrivania a Graceland». E Rosati, naturalmente, c’ è stato a Memphis: «È incredibile il culto che esiste ancor oggi, sessantenni con basettoni e ciuffi come ragazzini: del resto per 34 anni Elvis è stato il morto più ricco del mondo, spodestato solo nel 2010 da Michael Jackson». Questa casa è un trionfo di icone: accanto alle xerigrafie di Andy Warhol con Lenin (red e black) e Mao, si stagliano ancora gigantografie, foto di Elvis elaborate al computer, poster originali, lui con Nancy Sinatra o ritratto con il famoso costume bianco ricamato per «Aloha from Hawaii» nel 1973 («l’ ho visto mille volte, è il concerto perfetto, ha avuto più spettatori dello sbarco sulla luna!»). Sono proprio i miti, i momenti epocali, i flash della storia ad affascinare questo vulcanico architetto che allinea alle pareti le locandine di film come «A qualcuno piace caldo», «Barbarella» e «Il laureato», mentre sul davanzale spunta un piccolo Baobab: «me l’ ha portato dall’ Africa la mia compagna e si è trovato bene…». L’ ultima scommessa di Rosati, che si definisce anche design coach, ovvero «allenatore» dei gusti dei clienti in un rapporto di scambio paritetico, è appoggiata sul tavolo: il numero zero, agile e compatto, del mensile «Link Design Magazine» che ha debuttato il 4 novembre, distribuito in 100 mila copie. L’ obiettivo, portare il design al grande pubblico dei curiosi e degli appassionati, il popolo del «Fuori salone» del Mobile. Giovanna Pezzuoli RIPRODUZIONE RISERVATA **** L’ oggetto preferito Il pezzo che amo di più? Un busto di Elvis Presley in porcellana biscuit bianca, alto 23 cm, realizzato in tiratura limitata dallo scultore Bachman per la bavarese Goebel. Perché una ditta tedesca si prese la briga di rendere omaggio a Elvis, nel 1977, anno della sua morte? Mistero. Per me è il «ritratto» più bello di tutti, il più espressivo. Non a caso a tutt’ oggi campeggia al centro della scrivania di Elvis a Graceland, il «tempio» a lui dedicato a Memphis. Lì l’ ho visto per la prima volta e me ne sono innamorato. Poi attraverso Internet sono riuscito a raccogliere nella mia collezione ben 5 pezzi.

Pezzuoli Giovanna

Pagina 39
(12 novembre 2011) – Corriere della Sera